Il Tipo del Rhodesian Ridgeback
Liz Megginson
Qualche anno fa, svolgendo ricerche per un articolo per una rivista canina americana, ho scoperto alcune lettere, datate 1945, in cui si discuteva del tipo corretto del Rhodesian Ridgeback. Quarantatré anni dopo, alla recente mostra di Goldfields, ho sentito due espositori discutere sullo stesso argomento, quando uno spettatore ha detto la sua affermando che nessuno dei quattro tipi esposti sul ring quel giorno assomigliava neanche lontanamente al Rhodesian Ridgeback che aveva a casa!
Il tipo nel Rhodesian Ridgeback è ciò che noi allevatori abbiamo sviluppato nel corso degli anni, ma ognuno di noi sembra avere la propria interpretazione dello standard. Non credo alla vecchia storia secondo cui i primi coloni avrebbero sviluppato consapevolmente e deliberatamente il Rhodesian Ridgeback come razza. Erano troppo preoccupati per la loro sopravvivenza quotidiana e la maggior parte non aveva l’intelligenza per pianificare programmi di allevamento o preoccuparsi del tipo.
Per capire il tipo del Rhodesian Ridgeback dobbiamo tornare indietro e dare una breve occhiata alla storia della razza. Da quando il marinaio portoghese Bartolomeo Diaz scoprì quello che in seguito sarebbe diventato il Capo di Buona Speranza, era trascorso più di un secolo prima che il Sudafrica fosse abitato da uomini bianchi. Nel 1652, la Compagnia olandese delle Indie Orientali fondò un insediamento che, all’inizio, aveva il solo scopo di soddisfare le flotte olandesi di passaggio fornendo provviste e strutture ospedaliere. La persona scelta per intraprendere questo compito fu Jan van Riebeeck, che arrivò il 6 aprile 1652 con la moglie, un’altra donna e novanta uomini di cui scrisse nel suo diario: “Erano deboli, inetti e tormentati dallo scorbuto”.
(8)

Ch. Changara Likimba, attualmente l’esemplare dell’allevamento Megginsons’ che ha riportato il maggior numero di premi
Avevano con sé alcune provviste, ma alla fine dovettero fare amicizia e barattare con le pacifiche e primitive tribù di allevatori di bovini ottentotti per integrare la loro scorta di carne. Poiché questa fonte non era sempre affidabile, le scorte di cibo scarseggiavano e, inoltre, servivano altri prodotti.
Così i soldati, o liberi borghesi, come erano conosciuti, intorno al 1657 iniziarono a coltivare la zona del Capo. Ciò diede inizio alla tradizione agricola in Sud Africa, alcune delle fattorie originali della zona esistono ancora oggi (e dove è quasi una tradizione tenere un Ridgeback).
I “nuovi” allevatori di bovini alla fine occuparono terreni a est e a nord entro un raggio di circa 800 km da Città del Capo.
Le fattorie erano grandi (circa 3.000 ettari), quindi volontari per il lavoro furono reclutati tra gli Ottentotti. I Boscimani erano una minaccia poiché erano nomadi, avevano pochi beni e nessun bestiame, divennero presto noti ladri di bestiame. Erano ignoranti e non apprezzavano la civiltà, uccidevano solamente per cibarsi: per tutte queste ragioni menzionate io non credo alla teoria secondo cui i cani dei Boscimani abbiano avuto un ruolo importante nell’ascendenza della nostra razza. È vero che creature simili a cani compaiono nelle pitture rupestri e, dopo i suoi viaggi nel Kalahari, Lawrence Green descrisse nel 1936 un tipo di cane da caccia boscimano con una cresta, ma questo avvenne dodici anni dopo che il primo “Ridgeback” fu registrato presso la Kennel Union.
La colonizzazione europea aveva fatto grandi progressi da allora di conseguenza questi cani erano molto probabilmente degli incroci Boerhound o Ridgeback. Le prime figure rappresentate nelle pitture rupestri erano forse anche cani rubati dagli Ottentotti durante i furti di bestiame. Considerando lo stile di vita dei Boscimani, io non riesco a credere che essi abbiano potuto selezionare una razza particolare.
A proposito di teorie, l’altra popolare è che l’attuale Ridgeback si sia evoluto dai cani con cresta sull’isola di Phu Quoc e sia stato riportato sulla costa africana dai marinai portoghesi.
(12)

Mi è stato detto che i cani di Phu Quoc hanno la lingua blu e chiunque abbia una conoscenza della genetica saprà che se questo è vero, possiamo escludere quest’ultima teoria. Gli Ottentotti avevano sicuramente sviluppato una loro razza, un piccolo cane a forma di iena con una cresta di peli al contrario che cresceva sulla schiena: nel libro “Livingstone’s Missionary Travels in SouthAfrica”, pubblicato nel 1857 si vede un’incisione che raffigura questo cane. Si scrive spesso che i Boeri, tramite allevamento selettivo, cercarono di sviluppare una razza più adatta alle condizioni del Sud Africa.
Ma a pensarci bene e con una ricerca approfondita, è ovvio che all’inizio non è stato nemmeno così. Basta sfogliare le iscrizioni ai libri genealogici degli anni ‘20 e ‘30 per scoprire che ebbe luogo un sistema di inincroci tra consanguinei stretti. Accoppiamenti fratello/sorella e madre/figlio erano comuni, sebbene fossero ovviamente disponibili altri cani di linee di sangue diverse.
Io credo che da quando gli Ottentotti si trasferirono nelle fattorie dell’uomo bianco, portando con sé il loro cane da caccia Ottentotto semi-selvatico, i cani stessi avrebbero stabilito le proprie discendenze e fu attraverso l’iniziale consanguineità “non pianificata” e la vecchia storia della sopravvivenza del più forte, che si sviluppò un tipo definitivo: il più adatto alle dure condizioni del Sudafrica. Pochissimi cani appartenenti agli europei furono “importati” in Sudafrica durante tutto il XVIII secolo, un altro fattore che contribuì all’evoluzione di una razza dominante.
Pochissimi cani appartenenti agli europei furono “importati” in Sudafrica durante tutto il XVIII secolo, un altro fattore che contribuì all’evoluzione di una razza dominante.
Il missionario, il reverendo Charles Daniel Helm, non se ne rese conto all’epoca, ma avrebbe svolto un ruolo importante nello sviluppo della razza in Rhodesia. Helm portò con sé una coppia di cani crestati nel suo viaggio verso Matabeleland, ma c’è qualche discrepanza sulla provenienza di questa coppia. Si dice generalmente che provenissero da Swellendam, ma Edmonds afferma di credere che siano stati acquisiti a Oudshoorn.
Questo potrebbe essere vero, perché nel 1874 Helm viaggiò da Zuurbraak via Oudshoorn sulla sua strada verso nord, mentre Swellendam era nella direzione opposta. È forse anche possibile che abbia acquisito i cani a Kuruman, dove interruppe il suo viaggio, da gennaio 1875 a ottobre 1875.
Il maggiore Hawley sottolinea che Jessie Lovemore sosteneva che suo padre (Helm) tornò a Swellendam in seguito a prendere i cani. Ma il dottor Potgieter nel suo lavoro afferma che ritiene improbabile che Helm avrebbe intrapreso quel lungo viaggio così presto (soltanto quattro anni ) dopo essere arrivato alle stazioni missionarie di Hope Fountain. Mi sento di poter essere d’accordo con questo, anche perchè ho trovato un “diario” missionario, che registra i movimenti di Helm. Non sembra aver lasciato Hope Fountain dal momento del suo arrivo il 12 dicembre 1875 fino al 9 dicembre 1885, quando partì per l’Inghilterra per un congedo di due anni. Helm ebbe un ruolo determinante nel portare i cani in Rhodesia, ma fu il suo amico e “guardiano” dei suoi cani, il cacciatore di grossa selvaggina Cornelius van Rooyen, a rendere popolare la razza. Incrociò i cani di Helm con i suoi alani per produrre una razza da caccia eccellente e molto apprezzata, che divenne nota come “van Rooyen’s Lion Dogs”.
(14)
F. Barnes, un grande allevatore di Pointer, arrivò a Salibury poco prima dell’inizio del secolo e, poco dopo, fondò il Salisbury Kennel Club. il grande interesse di Barnes per la razza iniziò con l’acquisto di un cane (Eskdale Dingo) della razza di van Rooyen e così lui, più di chiunque altro, deve prendersi il merito della nascita della razza come la conosciamo oggi. Infatti, fu lui a spinger per organizzare l’incontro, che si tenne a Bulawayo, intorno al 1922, per discutere la formazione di un club. Qualche tempo dopo, furono riuniti diversi cani e un certo signor Durham, giudice di tutte le razze, aiutò a selezionare cinque cani con le qualità desiderabili, sui quali Barnes fu poi in grado di stilare uno standard, con il quale registrare la razza, cosa che avvenne soltanto nel febbraio 1926 quando il South African Kennel Club accettò l’affiliazione del Rhodesian Club e il nome della razza: Rhodesian Ridgeback (lion dog).
Fu classificato nel Gundog Group e poi trasferito nel Hound Group nel 1949. Tornando alla questione del tipo, va notato che il vero tipo di Rhodesian Ridgeback che Barnes aveva in mente era simile a quello del dalmata. Per anni questo fatto è stato contestato e personalmente sono stata coinvolta in molte accese discussioni sull’argomento. Ma ora ho in mio possesso una copia di una lettera che Barnes inviò a Mabel Weelings nel 1954, in cui afferma: “Nel redigere questo (lo standard), ho ammesso di aver preso di mira lo standard del dalmata”. A parte le differenze evidenti, come macchie, cresta, altezza e peso, se si mettono a confronto i due standard, si vedrà che sono quasi identici parola per parola. Osservando i dalmata in giro per il mondo, ho scoperto che sono una razza molto “tipica”, quindi forse dovremmo prendere una silhouette del dalmata e tenerla in mente quando cerchiamo di allevare il nostro vero tipo.quindi forse dovremmo prendere una silhouette del dalmata e tenerla a mente quando cerchiamo di allevare il nostro vero tipo.
Sebbene Barnes una volta abbia affermato che “sperava che la razza non si sviluppasse mai in un esemplare puramente da esposizione”, ritengo che l’esposizione sia il nostro unico modo per rimanere in contatto tra di noi. Il ring delle esposizioni è la nostra vetrina e dovrebbe aiutarci a eliminare qualsiasi deviazione importante nel tipo. È stato interessante osservare il ritorno di alcuni allevatori di Rhodesian Ridgeback sul ring delle esposizioni dopo diversi anni di assenza. I loro cani sono invariabilmente di un tipo diverso da quelli attualmente esposti, semplicemente perché sono rimasti “isolati” e hanno dovuto fare affidamento sulla loro interpretazione dello standard, uno standard che è formulato in modo piuttosto approssimativo e che ha quindi consentito la creazione di tipi differenti.
Noi, se vogliamo sviluppare un “tipo mondiale”, non dobbiamo soltanto osservare quanto avviene dei nostri paesi, ma anche osservare altri paesi, Lo standard è molto chiaro per quanto riguarda la solidità della struttura e qui non intendo entrare nei dettagli a questo proposito, ma purtroppo i difetti evidenti vengono ignorati da giudici non specialisti. Un cane che non abbia una linea superiore forte e ben diritta non dovrebbe mai vincere, poiché un esemplare di questo tipo si stancherà dopo poco tempo nella boscaglia, proprio come un cane si stanca facilmente se ha la spalla dritta e di conseguenza un movimento anteriore faticoso e quasi traballante, Un cane con i piedi piatti avrebbe lo stesso problema.
(15)
Chi è davvero da biasimare? Il giudice con un numero stabilito di soggetti da esaminare in fretta prima di pranzo, o noi espositori, intenti a rafforzare il nostro ego attraverso un atro cane trasformato in campione, avendone trascurato il tipo? Dobbiamo iniziare a essere onesti con noi stessi eliminando dai nostri programmi di allevamento quegli esemplari che non sono conformi allo standard, compresi quei “rari blu” che si stanno insinuando e vengono sviluppati e venduti come il “tipo” speciale che non sono! Sappiamo tutti come dovrebbe essere il vero tipo, quindi è tempo di smetterla di chiudere un occhio sui difetti che sappiamo esistere nelle nostre linee. C’è un vecchio detto inglese che potrebbe essere applicato agli allevatori di cani in tutto il mondo: “Non c’è nessuno così cieco come colui che non vuole vedere!” Il mio ultimo pensiero sull’argomento del tipo è che anche se raggiungiamo il nostro obiettivo di creare l’esemplare perfetto, sarà completo solo se avrà la forza e la resistenza per svolgere il lavoro per cui è stato allevato.
Mi è stato chiesto molte volte perché sono stata attratta dal Ridgeback. Immagino che la ragione fosse legata al fascino dell’Africa che per qualche strana ragione ho sentito fin dalla prima infanzia. Se poi uno degli uomini per me più affascinanti e brillanti (il mio idolo Sir Laurens van der Post), aveva ritenuto opportuno citare in due dei suoi libri questa razza che aveva conosciuto e amato in Africa, allora doveva essere la razza fatta per me. Mi è stato anche chiesto di spiegare la ragione della mia fortunata carriera nel ring delle esposizioni: non è stata fortuna, ma un allevamento attento e molto selettivo che può essere raggiunto da chiunque con dedizione e determinazione, ma con la migliore volontà del mondo gli obiettivi finali non saranno mai raggiunti, se non si parte dal giusto inizio.
I Ridgeback hanno molti problemi ereditari, come il colore, la displasia dell’anca e la maledizione della razza, il seno dermoide, che si verifica nella linea mediana dorsale e che può essere descritto molto liberamente come uno strato di pelle e peli che forma un tubo con un’apertura minuscola sulla superficie della pelle e continua verso il basso a diverse profondità, la più comune delle quali è quella che si attacca alla spina dorsale. I cuccioli con questo difetto dovrebbero essere operati e sterilizzati, ma sfortunatamente ci sono quegli allevatori che non hanno familiarità con i problemi dell’allevamento e quindi questo straziante problema viene spesso trasmesso all’ignaro acquirente del cucciolo.
IIl rilevamento del seno dermoide può essere effettuato sollevando una piega di pelle sulla linea mediana del cane e premendo il dito indice e il pollice insieme attraverso questa piega, si può sentire un tubo, come un pezzo di filo. Nella piccola apertura sulla superficie della pelle possono sporgere alcuni peli più scuri e se il seno è attaccato alla spina dorsale, quando la pelle viene sollevata e allontanata dalla spina dorsale sulla superficie della pelle si vedrà come una fossetta.
Prima di acquistare un cucciolo di Ridgeback è consigliabile farlo controllare (e far controllare il suo background) dal club di razza. Se il tuo acquisto è un Rhodesian Ridgeback, congratulazioni, non avresti potuto scegliere meglio!
Rhodesian Ridgeback delle Cime Bianche
Megginson, L.(1988, October) Type in the Rhodesian Ridgeback. (G.Bacchini Carr, trad.)
Heads and Tails